TRIGGER POINT, i fantomatici “nervi accavallati”
Chi non ha mai sofferto dei famosi “nervi accavallati” alzi la mano! Ecco… nessuno credo. Chi più chi meno abbiamo sofferto di fastidiose e a volte invalidanti contratture, spesso definite impropriamente ma con una logica sottesa, e vedremo perchè, nervi accavallati. Queste contratture importanti e localizzate ad oggi si possono definire bene come Trigger Points (TP) o Punti Trigger. Sono punti sensibili nei tessuti molli muscolari e caratterizzano un dolore che può essere classificato come miofasciale (myofascial pain syndrome). La sensazione del “nervo” è data dalla loro caratteristica di far male localmente (anche definiti Tender Point in questo caso) ma di irradiare anche a distanza in determinate zone specifiche. Anche la sensazione di accavallato ha una sua logica; questi punti sono descritti come crampiformi e al tatto si ha la sensazione di nodulino nel muscolo. La traduzione in senso stretto di “trigger” è grilletto, ma il suo significato più ampio di attivatore a distanza rende meglio l’idea.
Il loro studio approfondito è stato eseguito da Travell e Simmons.
Le caratteristiche comuni che devono far pensare ad un TP sono:
- punto dolente nel muscolo o nella fascia, non causato da eventi esterni/interni
- se stimolato può provocare una contrazione involontaria dell’intero muscolo (local twitch response)
- se stimolato riproduce “il dolore conosciuto” del paziente e può irradiare a distanza
- il dolore non è correlabile da un punto di vista neurologico
Si possono inoltre distinguere in TP attivi e latenti; i primi evocano dolore irradiato, presente anche in assenza di stimolazione diretta, i secondi sono come addormentati ma producono dolore nel momento della stimolazione diretta e inoltre possono essere causa di malfunzionamento celato e contribuire a problematiche future.
E’ quindi importante trattare questi TP in modo da evitare recidive dolorose o l’instaurarsi di catene muscolari disfunzionali. Il trattamento può essere di tipo manuale compressivo locale, così da favorire un ritorno successivo di sangue e quindi di ossigeno ai tessuti, si può utilizzare del ghiaccio ed uno stretching, tecniche ad energia muscolare per favorire il riflesso di rilassamento del muscolo interessato, tecniche con strumenti appositi per lavorare sulla fascia neuromuscolare, ecc. L’importante è che le tecniche vengano eseguite da personale esperto che vada ad agire correttamente sul muscolo e sui TP, altrimenti il risultato potrebbe essere l’opposto!
Esistono tantissimi TP perchè potenzialmente presenti in tutti i muscoli del corpo, quindi risulta fondamentale che l’operatore esegua una valutazione adeguata dei sintomi, delle zone interessate, della storia clinica, per poi correlare con la palpazione manuale dei muscoli e delle fasce. Ovviamente questo tipo di approccio può essere inserito all’interno di un trattamento più ampio che coinvolga non solo le strutture muscolofasciali ma vada anche a considerare la struttura ossea, i metameri della colonna vertebrale coinvolti, la componente viscerale piuttosto che craniale/temporomandibolare, a seconda dei TP individuati. L’importante è ricordarsi che il corpo è un’unità, quindi le sue parti si influenzano vicendevolmente e in questa ottica cercare di aiutarlo a ritrovare un equilibrio per poter funzionare al meglio delle sue possibilità!